Inchiesta di Padova, tanti i corridori indagati

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    Inchiesta di Padova, tanti i corridori indagati

    Riportiamo un articolo pubblicato ieri sul quotidiano nazionale, il Corriere della Sera, che parla di un'indagine all'interno del mondo del ciclismo, riguardo un grande traffico di sostanze dopanti, portato avanti dalla Procura di Padova.

    "Aveva una giacca elegante, il volto pallido e nella borsa le banconote ancora fasciate di una banca di Locarno. I finanzieri l'hanno trovato così al valico svizzero di Monte Olimpino. Non uno spallone, né un tycoon della finanza. No, un campione dello sport e di uno sport considerato povero: il ciclismo. È successo che gli inquirenti, dopo aver notato uno strano andirivieni dal Canton Ticino, lo stessero monitorando. Come hanno monitorato un altro atleta mentre eseguiva un anomalo prelievo di contante da uno sportello di Chiasso, appena al di là del confine; e un altro ancora, questo medico sportivo, intercettato dagli agenti delle Dogane Svizzere all'uscita da un istituto di credito di Sankt Moritz con un sacchetto, scrivono, pieno di soldi.
    Tre esempi. Ma sono decine i fatti e i nomi finiti in un fascicolo tenuto molto riservato dagli inquirenti italiani e del quale si scopre oggi la consistenza, dopo la risposta della Svizzera a una rogatoria avviata dall'Italia. Una trentina gli indagati fra ciclisti, procuratori sportivi, medici, avvocati, faccendieri e pure dei funzionari di banca, uno in particolare, della Bsi di Locarno. Per la prima volta vengono coinvolti gli istituti di credito. Pesanti le accuse: riciclaggio (in associazione un funzionario di banca di Locarno, un procuratore e un faccendiere), truffa, frode fiscale e doping.
    L'inchiesta, aperta dalla procura di Padova e condotta sul campo dalla Guardia di Finanza della città veneta insieme ai Nas di Brescia e Firenze e alle autorità elvetiche, per la prima volta ipotizza il riciclaggio di denaro illecito frutto di prestazioni sportive. Per il pm Benedetto Roberti esiste un'associazione a delinquere, attiva fra Italia Montecarlo e Svizzera, che nella sostanza crea campioni usando il doping, per poi spartirsi i proventi delle vittorie versandone una buona parte nei depositi anonimi delle banche. Come se tutti, procuratori medici manager e pure avvocati, lavorassero per trasformare il ciclista in una sorta di macchina da soldi. Una macchina capace di generare decine di milioni di euro all'anno. «Poiché l'ingaggio economico aumenta con l'aumentare di vittorie e piazzamenti — si legge nei documenti italiani mandati in Svizzera — il ricorso illegale all'uso di sostanze dopanti diventa il mezzo più facile per il raggiungimento dei punteggi necessari all'atleta e alle squadre di fascia alta (Pro Tour e Professional) e i conseguenti robusti ingaggi. Questo percorso illecito è un risultato economicamente molto vantaggioso sia per l'atleta, sia per il medico che così può aumentare la propria parcella, sia per il procuratore sportivo che è pagato in percentuale sull'ingaggio, oltre al collegio di difesa, cioè gli avvocati».
    Per alcuni indagati il doping non è stato però provato e in questi casi l'accusa si limita al 648 ter del codice penale: impiego di denaro proveniente dalla frode fiscale, cioè somme nascoste all'Erario attraverso società anonime. Abbastanza comunque per indurre il magistrato a disporre il sequestro di una decina di milioni. Fra i ciclisti finiti sotto inchiesta ci sono nomi illustri. A partire dal russo Denis Menchov, vincitore di due Vuelta di Spagna e di un Giro d'Italia, quello del centenario. A Menchov sono già stati bloccati 2,4 milioni, in soldi e titoli. Sul suo conto è in corso una rogatoria con la Spagna per far luce sull'apertura di vari conti di deposito. «Una pratica resa possibile — scrivono — grazie al metodo della valigia che consente a molti ciclisti, in virtù dei frequenti spostamenti garantiti dalla disciplina praticata, di muovere capitali occulti all'interno di valigie nascoste nei mezzi di trasporto usati anche in occasione delle gare ciclistiche». Fra gli italiani c'è Michele Scarponi, l'aquila di Filottrano, secondo all'ultimo Giro d'Italia e primo degli italiani dietro lo spagnolo Alberto Contador.
    Nell'indagine è finito pure Lance Armstrong, il texano delle sette vittorie al Tour de France, più di tutti, di Merckx, di Indurain, di Hinault. Per i francesi, le Roi Americain.
    Armstrong non è indagato in Italia per il semplice fatto che la sua società ciclistica ha sede negli Stati Uniti, ad Austin. Le autorità di Los Angeles hanno fatto comunque pervenire all'Italia una rogatoria chiedendo lumi sul suo conto, dopo che l'Fbi aveva incontrato gli investigatori padovani in Francia per un primo scambio d'informazioni. Dall'indagine sono emersi i suoi pagamenti a una società di Neuchatel (Svizzera), la Health & performance. Società anonima ora in liquidazione dietro la quale, sempre secondo gli inquirenti, si nasconde il medico sportivo Michele Ferrari, «inibito a vita dalla federazione Ciclistica Italiana alla frequentazione di atleti e di impianti sportivi». La ragione dell'inibizione? In passato avrebbe «somministrato e venduto sostanze dopanti a vari atleti per garantire loro migliori prestazioni atletiche», ricordano aggiungendo che «la pena del ciclista che frequenta Ferrari in Italia e all'estero è la squalifica». Alcune telefonate, effettuate prima del suo ultimo Tour, testimonierebbero poi i rapporti diretti di Armstrong con il figlio di Ferrari, figlio cioè di «Number One» come lo chiama il texano, il quale lavorerebbe per conto del padre. «Ferrari ha posto in essere una serie di stratagemmi, come reti informatiche all'estero, l'utilizzo di cellulari stranieri, incontri in luoghi inusuali, che gli consentono di seguire i ciclisti». Come studio medico si è inventato un camper con il quale si sposta da una montagna all'altra, da un Paese all'altro. L'hanno intercettato ovunque: sulle colline dell'Appennino tosco-emiliano, vicino a Sankt Moritz, sui colli Euganei. I ciclisti lo chiamano, lo raggiungono, lo ascoltano. È il loro punto di riferimento. Lo è per Vladimir Gusev, già campione russo della cronometro, e per il suo connazionale Vladimir Karpets, oltre a vari italiani.
    Regista dell'associazione un procuratore sportivo: Raimondo Scimone, il quale avrebbe messo in contatto atleti, sponsor, team, società di sfruttamento dell'immagine e banche. Per quanto riguarda Armstrong, la palla passa ora agli Stati Uniti dove gli investigatori devono decidere cosa fare del loro campione. Oltreoceano tutto ruota attorno a contratti assicurativi che pretendono la moralità dell'atleta. Le Roi Americain è ancora un esempio ma il suo trono, un pochino, scricchiola."

    spaziociclismo.it
     
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